4. AA.VV., Le Tradizioni, Via Canale, ottobre 2021-2024 - Comune di Castelbolognese

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4. AA.VV., Le Tradizioni, Via Canale, ottobre 2021-2024

 

Via Canale

Nel corso del 2021, l’amministrazione comunale ha promosso un concorso di idee a tema “Le Tradizioni” sui muri che si affacciano sul luogo in cui fino a pochi anni prima del 2000, si vedeva scorrere l’acqua del canale dei mulini e vi era il vecchio lavatoio comunale.
Il concorso è stato poi riproposto negli anni successivi e molte sono state le opere eseguite da artisti emergenti. Il risultato è un racconto fotografico svolto in una lunga parete, articolata come una storia per immagini di un libro aperto dedicato a Castel Bolognese.

 

In ordine da sinistra a destra:

  • Scuola dell’Infanzia Camerini-Tassinari, C’era una volta la Torre (2024)

L'opera ricorda la torre civica di Castel Bolognese, grande sentinella al centro della città, abbattuta durante la Seconda guerra mondiale. La Torre è qui ricostruita attraverso la realizzazione di tessere di argilla rossa completate e personalizzate in modo originale da ciascun bambino, con texture a impronta (metodo Munari) grazie alla supervisione e collaborazione dell'artista castellano Stefano Zaniboni. Un ringraziamento anche alla prof.ssa Donata Panzavolta per la cottura delle tessere.
Il progetto è stato realizzato grazie al sostegno di CONAD Center Spesa di Castel Bolognese.

Scuola-dell-Infanzia-Camerini-Tassinari-C-era-una-volta-la-Torre-2024

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  • Lorenzo Capelli e Michela Alberghi, ABBW - Angelo Biancini Black & White (2021)

Angelo Biancini è stato l’artista e il personaggio iconico di Castel Bolognese, le cui opere sono ormai in tutto il mondo. Il paese gli dedica il MaAB (Museo all’aperto Angelo Biancini) con oltre 40 opere distribuite in tutto il centro storico. Il MaAB, grazie anche al lavoro della famiglia Biancini, posa le opere dell’artista in mezzo alla quotidianità, sui marciapiedi e dietro gli angoli; nessuna opera raffigura però del volto diAnzulè(Angelino): gli artisti hanno quindi riprodotto una foto di Angelo Biancini molto identificativa, al fine di omaggiare questo grande artista.

 

A-ABBW-Angelo-Biancini-Black-amp-White

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  • Michela Alberghi, Castello dai colori pastello (2021)

L’idea nasce da una ricerca sugli elementi identificativi di Castel Bolognese.

La torre dell’orologio, distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale, è sicuramente il più sentito tra i simboli del paese, abbattuta e mai ricostruita, molto discussa, un simbolo riconoscibile della storia locale e dei danni subiti dalla comunità castellana durante il conflitto mondiale. Un’altra figura importante per Castello è Angelo Biancini che ha portato la sua arte nel mondo proprio da Castel Bolognese. Le figure rappresentate sono alcune delle sue opere esposte al MaAB (“Don Minzoni” e “Il figliol prodigo”)

 

B-FCastello-dai-colori-pastello

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  • Elisa Vantangoli e Davide Lega, Figlio dell’Uovo (2021)

L'opera è ispirata al celebre "Figlio dell'uomo" di Renè Magritte. Uno sguardo surreale sul paesaggio delle campagne romagnole, unito alla tradizione culinaria che si tramanda dalle madri massaie alle figlie.

Al posto dell’uomo, protagonista del celebre quadro, compare la tipica “Azdòra”. La mela di Magritte è stata sostituita con un cappelletto romagnolo.

 

C-Figlio-dell-Uovo

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  • Asia Galeati, La raccolta del grano, ieri e oggi (2021)

Si tratta di una scena di vita contadina, un’immagine anacronistica che vuole unire e contrapporre il volto odierno delle nostre campagne, dominate dalla presenza delle “moderne” rotoballe, al lavoro manuale della tradizione rurale. Le “spigolatrici”, richiamo diretto ai paesaggi di vita agreste della storia dell’arte, sono state immaginate in abiti tradizionali (utilizzati ancora oggi durante la sfilata della Sagra della Pentecoste), immerse nei colori vivaci di una giornata di sole estiva della campagna romagnola.

I cinque soggetti sono rispettivamente: due donne sulla destra impegnate e piegate al lavoro, una ragazza stremata dal lavoro che dorme tenendo tra le braccia il raccolto, un bambino che gioca dopo essersi arrampicato su una balla di paglia e la madre che si ferma dal lavoro per rimproverarlo e invitarlo a scendere.

 

D-La-raccolta-del-grano-ieri-e-oggi

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  • Simone Zaccarini, Galli romagnoli (2021)

L’opera rappresenta un gallo e una gallina che, su uno sfondo monocromo di colore verde bluastro simile alla malachite, scrutano il passante con sguardo allampanato e simpatico. La composizione riecheggia i modelli della ritrattistica in voga nelle campagne, sostituendo  l’uomo benestante con l’animale che, in posa, osserva il fruitore, squadrandolo dall’alto al basso.

 

E-Galli-romagnoli

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  • Jan Angelini, Fante, portico e brazadèl (2022)

Il murale, ricco di citazioni, si propone di attraversare l’immaginario della tradizione storica e paesaggistica di Castel Bolognese, creando un connubio organico di simboli che, nell’insieme, catturano l’osservatore in un’atmosfera suggestiva.

I colori scelti riprendono i cromatismi della zona, come i toni degli antichi edifici in mattoni o delle pavimentazioni locali. La tonalità calda conferita all’opera, simile alla luce del tramonto, in combinazione con l’equilibrio formale degli elementi, vuole rimandare ad atmosfere vagamente oniriche, quasi dechirichiane. Centrale è la figura del fante, ripresa stilisticamente dalle tipiche carte romagnole: il fante mostra un brazadèl da la crôs (braciatello dalla croce) anzichè il classico simbolo di denari del artiere di riferimento, richiamando il tradizionale prodotto gastronomico della città.

Le tre piante sulla destra sono orobanche, chiamate anche “Succiamele”, elementi molto suggestivi e caratteristici del paesaggio romagnolo, facili da ritrovare soprattutto sulle sponde del Canale dei Mulini. Sullo sfondo si distingue un portico, stilisticamente vicino ai tipici porticati di Castel Bolognese, affiancato dalla sagoma di un pino marittimo.

 

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  • Ivan Alpi e Michela Alberghi, Una lavatrice? (2024)

La lavatrice è un’icona per il bucato. Nell’area del parcheggio di fronte alla parete dipinta, sorgeva in passato un lavatoio lambito dall’acqua del canale dei mulini, luogo di incontro e di fatica delle donne e che ora si ritrovano alla lavanderia a gettoni. All’interno degli oblò sono raffigurate immagini storiche del lavatoio.

La lavatrice diviene pertanto una rielaborazione in chiave moderna delle informazioni del passato con le sue tradizioni e attività che qui si svolgevano. Le immagini suggeriscono l’idea che noi siamo il risultato della nostra storia e che il passato sia dentro di noi.

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  • Federica Sangiorgi, Il boschetto di 2 bastoni (2023)

L’opera presenta un boschetto composto da otto alberi diversi, rappresentati dal tipico2 di bastonidelle carte da gioco romagnole, tema ricorrente nelle pareti come nelle tradizioni popolari. “Il boschetto di 2 di bastoni” intreccia l’idea di tradizione con la rappresentazione della natura, dando vita a un paesaggio immaginario.

 

G-Il-boschetto-di-2-bastoni

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  • Simone Zaccarini, Il lavatoio (2023)

L’opera rappresenta il lavatoio di Castel Bolognese, che si trovava nell’area del parcheggio di fronte alla parete dipinta. Il soggetto, ripreso da una fotografia degli anni ‘50, raffigura il lavatoio rielaborato in chiave grafica attraverso l’uso di cerchi concentrici per richiamare quelli creati dall’acqua e per rimandare all’impronta digitale lasciata dall’uomo attraverso l’architettura.

L’architettura spicca grazie al contrasto tra i colori scuri della natura circostanti e il bianco e il nero della struttura, che grazie alla totale desaturazione, riporta al passato.

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  • Rosetta Tronconi, Tutto il mondo è paese: Fellini (2024)

La Romagna romantica, i personaggi che caratterizzano un paese e che diventano protagonisti di una narrazione cinematografica che conquista il mondo perchè sí: tutto il mondo è paese. E proprio nei proverbi, perle di saggezza, di esperienza, di strada, nelle persone,  nell'enfatizzazione dei propri tratti caratteristici, che si trovano il folklore e colore.
L'artista unisce in un abbraccio i personaggi che il regista e maestro Fellini, qui visto come un burattinaio che li anima, caratterizzava nei suoi bozzetti, diventati opere d'arte e vere e proprie figure iconiche dei suoi film.

Rosetta Tronconi, artista castellana che ha lavorato sulla ceramica, sul mosaico, la terracotta fino a fermarsi sul pastello, ciò che la racconta meglio. Disegna per l’esigenza fisica di ricercare un equilibrio interiore attraverso le matite ed il chiaroscuro. I soggetti sono spesso malinconici, spesso femminili, nelle sue opere tutto sembra irrisolto, sospeso, senza silenzio, spesso doloroso. L’artista racconta, attraverso le sue figure, il proprio sentire e le proprie emozioni dinnanzi ad una vita che l’ha portata sempre al mutamento interiore e, solo adesso, attraverso l’arte può esprimersi nella sua più totale onestà. In questo caso, invita l’osservatore a reagire, a non farsi sopraffare da niente e nessuno, a prendere consapevolezza di se stessi ed essere finalmente al centro di tutto.

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  • Daniele Seratoni (Mondoscara), Lavandaie (2024)

Nell’area del parcheggio di fronte alla parete dipinta, sorgeva un lavatoio, costruito sulle sponde del canale dei mulini che scorre ancora sottosuolo.

Due lavandaie stilizzate e in bianco e nero, richiamo dei tempi passati, sono sospese su uno sfondo di colori che ricordano gli abiti e i colori dei nostri tempi molto più moderni e veloci. La prevalenza di triangoli rossi e blu, in posizione ravvicinata, richiama i colori di Castel Bolognese.

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  • Gabriele Rossi, Cavalier Romagna (2023)

“Cavalier Romagna” è un’immagine ironica, ricca di stereotipi volti a creare l’immagine di un eroe, forse buffo, forse fuori luogo: la figura del “patacca romagnolo” che ha fatto innamorare tutti in Romagna, nel bene o nel male. Lo sguardo è fiero verso il futuro, l’ombrellone è l’arma di chi, con poco, riesce a creare tanto e “il motore”(la motocicletta) parte della storia di questo paese. Guarda verso destra, dove scorre il canale dei mulini: il passato (il canale dei mulini nato per necessità dei nuclei abitativi insediatisi) e il futuro (la vita costruita attorno al canale).

 

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  • Asia Galeati, Rò e Bunin (2023)

Lo stile dell’opera riprende direttamente l’antica e peculiare stampa romagnola riproponendone i tratti grafici, tuttora incisi su legno e inchiostrati con il caratteristico color ruggine, poi impressi sulla stoffa, e qui ripensati per la pittura murale.

L’immagine principale vuole richiamare la sfilata dei carri dei mestieri tradizionali della Sagra della Pentecoste di Castel Bolognese, retaggio della tradizione contadina del nostro territorio. Il soggetto è, infatti, una coppia di mucche romagnole trainanti il carro agricolo con la botte del vino, elemento richiamato anche dall’ornamento dei grappoli d’uva ai quattro angoli, motivo ricorrente nelle tele dei corredi delle famiglie di Romagna. Nel carro è anche presente lacavéja, oggetto del lavoro rurale, divenuto nel tempo emblema della Romagna. Questacavéjariporta il marchio del fabbro Marino Montevecchi di Villa Vezzano, specializzato nella loro realizzazione.

La decorazione di contorno vuole richiamare la storia di questa tecnica: si pensa infatti che la pratica della stampa a ruggine sia nata attorno al XVIII secolo per decorare le coperte dei buoi in un contesto di artigianato povero. La coperta contornata da fiocchi riprende un esemplare di coperta per buoi del XIX secolo che veniva utilizzata per addobbare il bestiame in occasione di ricorrenze festive.

Il lavoro si ispira a due testi sulle stampe romagnole, uno in particolare fa riferimento a un contratto di mezzadria che parla di “... un paio di buoi di pelo rubei et bonelli …” e da qui la derivazione dei due appellativi “Rò e Bunin”, utilizzati poi localmente per denominare le due bestie al giogo: Rò era il bue di pelo rosso aggiogato a destra, Bunin il bue di pelo bianco aggiogato a sinistra. Da qui, il titolo dell’opera.

 

N-Ro-e-Bunin

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